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  • monteprandone

Monteprandone (AP)

Il primo documento storico riguardante Monteprandone risale al 1039 quando un certo Longino insieme a un tale Guido Massaro fecero dono del borgo e della chiesa di San Nicola di Bari al Monastero di Santa Maria di Farfa nella Sabina, che lo tenne fino al 1292 quando, spontaneamente, la popolazione per motivi di sicurezza decise di passare sotto la protezione di Ascoli. Il legame con Ascoli si fece ancora più saldo grazie a papa Giovanni XXII che con la bolla del 13 maggio 1323 concesse in feudo perpetuo ad Ascoli “per la fedeltà e i servizi resi e in ritorsione alla ribelle Fermo” il tratto di territorio tra il Tronto e il Ragnola, garantendo quello sbocco a mare strategico per gli ascolani e annettendo alla giurisdizione di Monteprandone quel Montecretaccio sotto il quale si sarebbe dovuto costruire il porto suddetto (Porto d’Ascoli). Il castello di Monteprandone era inidoneo alla qualifica di “città” e come comunità era rimasta sempre nel limbo del contado Ascolano e quindi non poteva far generare “nobiltà civica”. Pur tuttavia la nomina del “podestà” era lasciata alla comunità di Monteprandone in una terna di tre nobili ascolani. Tra il XIV e il XV secolo vennero annessi altri tre colli: Montetinello, Monterone e Monticelli, arrivando così ai cinque colli che vediamo oggi rappresentati nello stemma comunale. Nel 1935 un decreto regio annette, dopo molti tentativi avvenuti negli anni precedenti, la frazione Porto D’Ascoli, staccandola dal comune di Monteprandone, per motivi di convenienza territoriale in quanto San Benedetto è in piena espansione e necessita di spazio, e su richiesta dei cittadini stessi.

 



  • Pagliare-del-Tronto

Pagliare del Tronto (AP)

Pagliare apparteneva al castrum di Spinetoli prima del XVI secolo. Il centro abitato sorse nel Quattrocento, grazie ai flussi migratori dall’Appennino, in particolare da Pantorano di Mozzano. La riva sinistra del Tronto cominciò così a riempirsi di abitazioni provvisorie di paglia, denominate appunto pagghiare, e la colonizzazione proseguì a lungo. Nel XVI secolo l’insediamento conquistò autonomia dall’autorità spinetolese, grazie al breve camerale che consentiva di organizzare autonomamente i tributi dovuti ad Ascoli. La comunità ebbe un catasto e definì i propri confini. Nel Seicento erano sorte le prime abitazioni stabili in muratura e, nel prosieguo della controversia (1658), la Santa Sede confermò la separazione di Pagliare da Spinetoli mantenendo alla prima le autonomie conquistate. In particolare, Pagliare era retta da massari (assessori) e consiglieri, e teneva un Consiglio pubblico e generale in una propria Sala consiliare, alla presenza di un deputato ecclesiastico e del podestà di Spinetoli. Nel 1813, in concomitanza con l’inaugurazione della parrocchiale di Sant’Antonio Abate, l’antico nome di Pagliare di Pantorano venne meno e il comune acquistò la moderna denominazione. La soppressione avvenne nel 1866, subito dopo l’Unità d’Italia: Pagliare fu allora riannessa al comune di Spinetoli, del quale oggi costituisce l’agglomerato più popoloso, risultando molto più grande e importante dello stesso capoluogo (possiede infatti oltre 5.600 abitanti, contro i circa 700 di Spinetoli).

 



  • monsanpolo

Monsampolo del Tronto (AP)

La storia di Monsampolo comincia con quella della sua frazione, Stella. Sorta nell’epoca pre-romana, ospitò vari popoli tra i quali si distinsero, per l’appunto i Piceni, popoli nomadi, che si insediarono lungo la valle del Tronto. Questi popoli originari furono sconfitti in battaglia dai Romani, in seguito alla rottura di un patto di non belligeranza, probabilmente legato alla pressante richiesta di tributi da parte romana. Si racconta che verso il 75 a.C., la battaglia si sviluppò da Ascoli fino alla foce del Tronto. Dopo la conquista, il territorio venne, come in altre parti del vasto Impero Romano, progressivamente romanizzato; andarono così in disuso alcune culture ancestrali, tra le quali il culto rituale dei defunti e degli spiriti. In epoca feudale il popolo si ritirò sull’altura di quello che fu ribattezzato Monsampolo del Tronto e Stella rimase un paese di transito per le carovane che viaggiavano per commercio da Roma all’Adriatico lungo la via Salaria, il cui nome è associato al commercio del sale, in quanto spesso era merce di pagamento. Nell’epoca del Rinascimento, il paese si sviluppò attorno alla villa dei Signori del borgo, di cui ancora è ben conservata la costruzione originaria, che dominava la valle sottostante. In seguito la storia di Stella in pratica coincide con quella di Monsampolo e della Valle del Tronto.

 



  • Spinetoli

Spinetoli (AP)

A breve distanza dalla costa adriatica, Spinetoli sorge su un modesto poggio (177 m s.l.m.) a ridosso della Salaria, sulla riva sinistra del fiume Tronto presso la confluenza con il torrente Fiobbo. I primi insediamenti umani rinvenuti nel territorio di Spinetoli risalgono all’epoca picena: è qui che negli anni 1870 gli scavi archeologici rivelarono l’esistenza di una necropoli del VII-V secolo a.C. Con la caduta dell’impero romano, litorali e fondivalle restarono esposti al pericolo delle invasioni barbariche, e le alture tornarono ad essere luoghi privilegiati di difesa. L’incastellamento interessò Spinetoli già nell’alto medioevo, ma è dopo il 1000 che il castrum, posseduto dai monaci farfensi, viene citato dalle prime bolle papali. Quando l’avvento di Napoleone provocò la prima caduta del governo della Chiesa, Spinetoli entrò a far parte della Repubblica Romana (28 febbraio 1798), e successivamente del Regno d’Italia (1805), restando inclusa nel nuovo dipartimento del Tronto. Sotto Bonaparte il paese, che apparteneva a Monsampolo, conquistò il capoluogo comunale nel 1811. Quando poi i due comuni furono separati, a Spinetoli fu aggregata Pagliare, all’epoca frazione di Colli. Il comune di Pagliare creato in seguito dalla Restaurazione ebbe vita breve (cinquant’anni) e fu soppresso dopo l’Unità d’Italia.

 



  • carassai_landascape

Carassai (AP)

Si può avanzare l’ipotesi che l’intero territorio carassanese fosse densamente popolata già al tempo dei Piceni, la dorsale collinare ed i sottostanti pendii dovettero essere abitati da diverse tribù, che avevano edificato un numero considerevole di piccoli villaggi, localizzati presso siti ben difendibili e non lontani da sorgenti o corsi d’acqua. Con la romanizzazione del Piceno, iniziata nel III secolo a.C., i villaggi furono gradualmente sostituiti dai vicus, come testimoniato dal ritrovamento di numerosi reperti di epoca romana. Intorno all’anno Mille, nel territorio dell’odierna Carassai sorgevano numerosi luoghi di culto, oltre a svariati castelli la cui importanza era relazionata al numero degli abitanti, all’efficacia delle difese e alla vastità dei possedimenti; i centri fortificati di maggior rilievo erano quelli di Monte Varmine, Camporo e Carassai.’antico borgo di Carassai è formato da due nuclei di origine medievale. Il primo, denominato Castello Vecchio, sembra risalire all’epoca feudale; nel corso del tempo subì numerose distruzioni e fu più volte ricostruito. La seconda entità e costituita dal cosiddetto Castello Nuovo, edificato a partire dagli ultimi decenni del Trecento, ma sviluppatosi soprattutto nel XV secolo.

 


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